Questo è quel genere di post che odio scrivere, non
tanto per la difficoltà di farlo mentre si piange a dirotto, ma perché è sempre
complicato trovare parole giuste.
Certo, l’ideale sarebbe evitare qualsiasi parola, ma
quando muore Lucio Dalla muore una parte molto, molto importante della mia
vita, ed è difficile starmene qui senza scrivere.
La mia prima, anzi primissima musicassetta è stata
“The best of Lucio Dalla”, che ascoltavo di continuo, totalmente rapito dai
magici arrangiamenti di canzoni come “Cara”, “Com’è profondo il mare”, “L’anno
che verrà” e tante altre.
Anzi, al posto di “tante altre”, voglio elencare
quelle canzoni nell’esatto ordine in cui furono posizionate nell'album:
Futura,
Anna e Marco,
Com’è profondo il mare,
Cosa sarà,
Balla balla ballerino,
Telefonami tra vent’anni,
Cara,
Disperato erotico stomp,
La sera dei miracoli,
L’anno che verrà,
La signora,
Mambo.
Le ascoltavo e sognavo.
Chiudevo gli occhi, spegnevo la luce della mia camera,
mettevo le cuffie per evitare a qualsiasi rumore di infastidirmi, e mettevo su
il mio Lucio Dalla; avevo poco più di sette o otto anni, eppure già coglievo la
profondità di quei testi.
Ricordo lucidamente il periodo della terza elementare,
perché scoprii quell’album e me ne innamorai subito; a conti fatti, da quel
giorno ad oggi credo di averlo ascoltato qualche migliaio di volte, ed ogni
volta ho provato le stesse emozioni.
Solo ieri cantavo “Cara” mentre ero indaffarato in
faccende di casa.
La follia lucida e geniale di Lucio Dalla mi ha
influenzato in modo totale, proprio perché ne ho assorbito gli umori fin da
bambino; sembrerà assurdo, ma devo ringraziare lui se oggi sono capace di
esprimere il mio estro.
Ricordo Alessio di Ancona, amico di favolose vacanze al mare, e le
infinite chiacchierate con lui sulle canzoni di Lucio, che conosceva in modo
indiretto, tramite alcuni zii di Bologna. Ricordo la brutta estate in cui dissi
ad Alessio che, probabilmente, dati i miei problemi familiari mi sarebbe stato
difficile tornare a Marcelli, e il suo innocente magone nel salutarmi
chiamandomi Lucio.
“Ciao Lucio” mi diceva, mentre il magone prendeva
anche me, che mi allontanavo con le mani in tasca e fischiettando L’anno che verrà.
Già, ciao Lucio.
Ricordo Elena, una storica fidanzatina del mio
fratello maggiore, che amava Lucio Dalla quanto me, e di come si stupiva che
fossi totalmente in sintonia con lei, seppur molto più piccolo, sul senso che
avrebbero potuto avere brani come La signora o Com’è profondo il mare.
Ricordo quando lo conobbi di persona, quattordici o quindici anni fa, in occasione di un piccolo concerto privato al quale ero stato invitato da un'amica che sapeva benissimo quanto amassi quel cantautore. Ero così emozionato quando vidi arrivare quel piccolo ometto vestito di bianco, con la sua storica pianola sottobraccio, che non riuscii a trattenere una lacrimuccia. Era gioia, perchè finalmente potevo conoscere l'artista che aveva dato un senso alla mia crescita intellettuale ed emozionale.
Ricordo quando lo conobbi di persona, quattordici o quindici anni fa, in occasione di un piccolo concerto privato al quale ero stato invitato da un'amica che sapeva benissimo quanto amassi quel cantautore. Ero così emozionato quando vidi arrivare quel piccolo ometto vestito di bianco, con la sua storica pianola sottobraccio, che non riuscii a trattenere una lacrimuccia. Era gioia, perchè finalmente potevo conoscere l'artista che aveva dato un senso alla mia crescita intellettuale ed emozionale.
Devo ammettere che provare a descrivere ogni parte della mia vita legata
alla musica di Lucio Dalla è inutile.
È inutile provare a spiegare quanto, in questo momento, pessimamente stia
prendendo la notizia della sua morte.
È altrettanto inutile sforzarmi di concludere
lucidamente questo post quindi – perdonatemi – il mio saluto finisce qui.
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