Ho preso l’abitudine (per alcuni buona, per altri pazza) di addormentarmi leggendo la Commedia di Dante, forse perché è l’unico rimedio alla mia fastidiosissima insonnia, forse perché mi appassiona fin da quando la studiavo a scuola.
Quando fai qualcosa di abitudinario o ti capita un avvenimento insolito, finisci quasi sempre per sognartelo, ed è sicuramente per questo motivo che, la notte scorsa, ho fatto il sogno di cui sto per parlare.
Ero immerso nella natura, sdraiato su un prato, intorno a me erano solo colline verdi, fiumiciattoli e stradine di campagna.
Pensavo (nei sogni, spesso ho la presunzione di essere cosciente) di essere in un paradiso terrestre e nulla mi impediva di crederlo.
Improvvisamente, in lontananza, vidi avvicinarsi un uomo vestito di rosso; l’uomo camminava molto lentamente verso di me e, a dir la verità, ebbi paura che, in qualche modo, quel sogno così rilassante sarebbe di lì a poco diventato un incubo. Vinto dalla curiosità di conoscere l’individuo, con un po’ di timore, mi avvicinai a lui; era un volto sicuramente noto: il naso aquilino, un copricapo insolito, la Toscana…era Dante!
Entusiasta della mia scoperta mi avvicinai al poeta e, senza troppi giri di parole, gli chiesi: “Tu sei Dante Alighieri?”; alla mia domanda egli non fece altro che fissarmi negli occhi e accennare, con un piccolo movimento del capo, ad una risposta affermativa. senza più timore gli feci subito un’altra domanda, quella forse più inevitabile che si potrebbe fare di fronte a Dante Alighieri, cioè: “Hai vissuto realmente l’avventura narrata nel tuo capolavoro?”.
Sorrido ancora al pensarci, naturalmente non fece altro che rispondermi in terzine:
"Vedi, oh stranier che di lontano vieni
e per lo mondo ignoto e immondo vaghi,
e per nascoste e vaste vie ti meni,
puoi dimandar quesiti ch’io t’appaghi
come il loco, il tempo e il modo in cui siamo,
ed io rispondo: son solo monti e laghi
che in mente nostra spesso sviluppiamo.
…Ma della storia mia non dimandar,
‘chè son fati ch’entrambi non capiamo.
Eppur solo una cosa io possa raccontar:
son sette volte cento passi d’anni
che la Commedia smisi di sognar,
ma se del Tosco hai conosciuto i panni,
a dell’Alighier senti ancora dire,
vuol dir c’ho raccontato senza inganni.”
(venerdi 24 ottobre, 1997, ore 13.20)
Quando fai qualcosa di abitudinario o ti capita un avvenimento insolito, finisci quasi sempre per sognartelo, ed è sicuramente per questo motivo che, la notte scorsa, ho fatto il sogno di cui sto per parlare.
Ero immerso nella natura, sdraiato su un prato, intorno a me erano solo colline verdi, fiumiciattoli e stradine di campagna.
Pensavo (nei sogni, spesso ho la presunzione di essere cosciente) di essere in un paradiso terrestre e nulla mi impediva di crederlo.
Improvvisamente, in lontananza, vidi avvicinarsi un uomo vestito di rosso; l’uomo camminava molto lentamente verso di me e, a dir la verità, ebbi paura che, in qualche modo, quel sogno così rilassante sarebbe di lì a poco diventato un incubo. Vinto dalla curiosità di conoscere l’individuo, con un po’ di timore, mi avvicinai a lui; era un volto sicuramente noto: il naso aquilino, un copricapo insolito, la Toscana…era Dante!
Entusiasta della mia scoperta mi avvicinai al poeta e, senza troppi giri di parole, gli chiesi: “Tu sei Dante Alighieri?”; alla mia domanda egli non fece altro che fissarmi negli occhi e accennare, con un piccolo movimento del capo, ad una risposta affermativa. senza più timore gli feci subito un’altra domanda, quella forse più inevitabile che si potrebbe fare di fronte a Dante Alighieri, cioè: “Hai vissuto realmente l’avventura narrata nel tuo capolavoro?”.
Sorrido ancora al pensarci, naturalmente non fece altro che rispondermi in terzine:
"Vedi, oh stranier che di lontano vieni
e per lo mondo ignoto e immondo vaghi,
e per nascoste e vaste vie ti meni,
puoi dimandar quesiti ch’io t’appaghi
come il loco, il tempo e il modo in cui siamo,
ed io rispondo: son solo monti e laghi
che in mente nostra spesso sviluppiamo.
…Ma della storia mia non dimandar,
‘chè son fati ch’entrambi non capiamo.
Eppur solo una cosa io possa raccontar:
son sette volte cento passi d’anni
che la Commedia smisi di sognar,
ma se del Tosco hai conosciuto i panni,
a dell’Alighier senti ancora dire,
vuol dir c’ho raccontato senza inganni.”
(venerdi 24 ottobre, 1997, ore 13.20)
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