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Un anno speciale, il 1991.
Accadde qualcosa in me, quel genere di avvenimenti che difficilmente gli eventi della vita riescono a cancellare dalla memoria di un individuo.
Incredibile a dirsi, mi ricordo perfino i profumi di quell’anno.
Avevamo appena passato i mondiali, da qualche mese, ma la radio continuava a trasmettere la canzone di Bennato e Nannini; una canzone così magica da suscitare più emozioni dello stesso campionato di calcio per il quale era stata scritta.
Faceva molto, molto freddo l’inverno del 1991, e ricordo perfettamente l’abbigliamento simil-polare col quale mia madre mi infagottava prima di mandarmi a scuola; faceva così freddo che sotto i vestiti mettevo il pigiama, e al posto delle scarpe indossavo degli stivali imbottiti di lana pecorina.
Compivo, ed era Febbraio, il mio tredicesimo compleanno, e di lì a poco sarebbe stato il Festival di Sanremo. Senza dubbio, il migliore che io ricordi.
Frequentavamo una sala giochi piuttosto losca a San Donato Milanese, e dentro la sala c’era, oltre ai videogiochi, un bellissimo Jukebox, di quello con i tasti stretti e lunghi, e durissimi da schiacciare.
Per parecchi mesi uscirono da lì le canzoni del Festival.
Chiudo gli occhi, e sento ancora il rumore dei videogiochi, gli schiamazzi dei ragazzetti più scalmanati e le canzoni: “Se stiamo insieme”, “Perché lo fai”, “Gli altri siamo noi”, “Spalle al muro”, “La fotografia”.
Già, la fotografia.
Ho perso tutte le fotografie di quegli anni, ma meglio così, non mi piacevo. Troppo magro.
Ricordo bene il profumo della focaccia da 1000 lire che compravo dal panettiere prima di andare a scuola, oliosissima e piena di sale, e a volte prendevo anche la pizzetta, così, per cambiare un po’. Caspita, anche la pizzetta era buona, anzi buonissima, ed ecco il dilemma: ‘sta mattina che prendo, focaccia o pizzetta?’
E allora “Ma’, mi dai due mila che prendo anche la pizzetta?”.
Ricordo il libro di scienze, non posso dimenticarlo, perché più o meno a metà si parlava della pubertà e c’erano i disegni stilizzati dei due sessi, con tanto di spiegazione dettagliata sulla copulazione.
E ricordo, oh sì lo ricordo così bene, la foto di Norma Jeane, alias Marylin, nuda e coperta solo da un velo trasparente e colorato. Era il primo seno, per me.
Beh, non proprio il primo, perché già da un po’ nel mio cortile G. , che era più grande di tutti noi, sbandierava degli strani giornaletti, dove le ragazze non erano del tutto vestite…
Marylin, però, era la prima cotta.
E allora avevo fatto l’orecchia a quella pagina, così appena la prof. si distraeva, io potevo aprire di nascosto il libro proprio sulla mia amata.
Marylin, ore che ci penso, non fu il mio primo seno, ma senz’altro fu il mio primo rapporto clandestino.
Ricordo gli improvvisi cali di voce, e mia madre che diceva “hai visto? Te l’ho detto di metterti la sciarpa!”; possibile, mi dicevo io, che io sono il terzo figlio, e ancora non ha capito che a questa età cambiamo la voce e il freddo non c’entra nulla?
Ricordo la metamorfosi, che tenevo tutta per me perché non ne parlavo quasi a nessuno, soprattutto ai miei due fratelli maggiori; al posto di tranquillizzarmi e darmi consigli, loro quasi certamente non avrebbero fatto altro che deridermi e urlare ad alta voce anche le cose mie più segrete.
Erano fatti così, molto diversi da me, che potevo farci?
Ancora ricordo quell’estate, perché ogni martedi sera guardavo Notte Horror e Zio Tibia Picture Show, e quando fu la volta di Nightmare, il mio fratello maggiore ebbe la geniale idea di grattare la mia porta di notte, con coltelli legati alle dita a mezzo skotch; io tirai un urlo tipo Tarzan, e loro due scoppiarono a ridere.
Il ’91 fu l’anno del primo bacio dato, ecco, alla francese, e fu anche l’anno della scoperta di me.
Il ’91 fu l’anno in cui, per un inspiegabile concausa di eventi, mi trovai a fare doposcuola con un gruppo di ragazze di terza che mi avevano preso in simpatia; io avevo scritto una lettera d’amore ad una di loro, Barbara L., questa l’aveva letta a tutte le sue amiche e loro, evidentemente, avevano finito per provare una certa simpatia nei confronti di questo piccoletto di seconda, così coraggioso e romantico.
Fu nel ’91 che mi iscrissi a karate, e ricordo così bene l’odore di muffa e aria viziata di quella palestra sotterranea.
Prima di noi un gruppo di ragazze faceva aerobica e, fra loro, c'era Silvia, l'amica della Barbara di cui sopra, che a lungo andare cominciai a considerare molto, molto più bella.
Ero così, a tredici anni, mi innamoravo due volte al giorno.
È incredibile come la mia vita sembri profondamente condizionata dal '91, così carico d’esperienze ed emozioni.
Credo stesse nascendo un germoglio in me, proprio in quell’anno.
Bene, daglie e ridaglie sono riuscito ad auto-commuovermi, quindi direi che sia il caso di chiudere qui.
Lo faccio con questa canzone, così romantica, così dolce, così colonna sonora del mio 1991.
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