Prendo qualche medicina,
- mi farebbe addormentare –
ma passano ore e muoio,
forse più di prima.
Qui fermo non potrei stare,
e non farebbe rima
perdere tempo, - tra l’altro
d’ammazzare -, e sapere come!
Così penso ad un amico
Di quelli “Ciao come stai?”,
e sono già sei mesi
che non glielo dico:
“Come mi guardi, ma che faccia fai?”
“Non è una lacrima, stai tranquillo,
è allergia,
non credo che ci conosciamo.”
Cosa mi prende, forse nostalgia
chi lo sa,
sarà troppo che tacciamo,
non credevo di tacere parlando.
Penso al tempo che sarà,
vedo il tuo cuore che ha voltato faccia,
e scioperando
“Nei tuoi guai non entrerò più”.
Sono solo, solo con me stesso
ogni pensiero una parolaccia;
mi sopporto poco anche io
e i tuoi rifiuti li capisco solo adesso.
Ma non ci posso fare niente, non potrei
e per aiutarmi ci vorrebbe Dio,
con lui per mano in giro non si può,
mentre con te lo rifarei,
nel parco, per la strada,
in qualunque posto vuoi:
un’occasione per dirtelo vorrei
“Che il cielo cada, ma io ti amo ancora!”.
D’IZZIA ROBERTO (20/04/1996, ore 1.30)
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